venerdì 1 novembre 2013

GLADIATORE MIRMILLONE

 Opera realizzata da Chimenti Alessandro

Il gladiatore qui presentato veniva definito dalla tradizione ludica romana "Mirmillone" o "Murmillo", a causa del voluminoso elmo che lo faceva assomigliare ad un pesce (in greco Myrmoros). Nella consuetudine allegorica dei giochi gladiatori il Murmillo costituiva infatti l'avversario naturale del Retiarius, a sua volta armato di tridente e rete, ma poteva combattere anche contro altri gladiatori, come ad esempio il Traex (Trace), quest'ultimo armato con un piccolo scudo (Parma) e la micidiale spada ricurva (Sica). L'elmo del Murmillo (detto Galea) poteva essere realizzato in bronzo o ferro ed aveva un'ampia falda stondata che serviva a deflettere i colpi di fendente provenienti dall'alto, oltre che agire come parasole. La falda aveva prevalentemente una forma stondata, priva di spigoli vivi sulla quale la rete del Retiarius avrebbe potuto impigliarsi. (Questa caratteristica sarebbe poi stata amplificata ai massimi livelli sull'elmo di un altro tipo di gladiatore, concepito esclusivamente per la lotta contro il Retiarius: il "Secutor"). L'elmo conferiva una buona protezione per la testa, ma era estremamente pesante ed inoltre l'enorme celata posta davanti al volto, dotata di piccoli fori, consentiva minima areazione e visibilità. Sopra la Galea si trovava una cresta (Lophos) sulla quale veniva rappresentato un pesce (Murma) . Ciò enfatizzava il ruolo che il Mirmillone rivestiva nel contesto dei giochi gladiatori; egli era infatti armato con un grande scudo (Scutum) ed un gladio (Gladium) con i quali affrontava il Retiarius armato di rete da pesca e tridente. Si veniva a creare così per il pubblico l'immagine spettacolare ed allegorica dell'eterna lotta tra il pesce ed il pescatore, nella quale il Mirmillone poteva agire come una Murena, nascondendosi dietro il proprio scudo (immagine simbolica dello scoglio) ed aggredendo l'avversario con fulminei attacchi spuntando da dietro di esso. Il braccio del Mirmillone era protetto da una "Manica" di tessuto imbottito, mentre la gamba veniva coperta con uno schiniere chiamato "Ocrea", più corto di quello usato da altri gladiatori in ragione della maggiore ampiezza dello scudo.

I giochi gladiatori costituiscono una delle più antiche tradizioni del mondo romano. L'immagine di questi guerrieri, votati all'estremo sacrificio per appagare la sete di divertimento del popolo, rappresenta una delle immagini più nitide giunte fino a noi dall'antica Roma. Il mondo del cinema e della narrativa d'intrattenimento ha spesso enfatizzato eccessivamente l'aspetto ludico e spettacolare dei giochi gladiatori, tanto da mettere in secondo piano la vera natura di questi spettacoli e dei suoi protagonisti. La tradizione del duello all'ultimo sangue tra guerrieri risale infatti a tempi antichissimi e da recenti studi condotti sull'argomento si evince che la cultura romana ha ereditato questa usanza dalla ben più antica e strutturata cultura etrusca. Il rituale del duello, originariamente, aveva una valenza propiziatoria e si svolgeva con buona probabilità in occasione di funerali eccellenti, al fine di onorare il defunto. Dunque un rito riservato a propiziare il passaggio dei morti nell'Ade, placando con il sangue del sacrificio gli spiriti degli inferi. Questo rito in principio era riservato ai funerali dell'aristocrazia e della nobiltà etrusco-romana ed è noto che, ancor prima dei duelli fra guerrieri, si fosse ricorsi anche ai sacrifici umani. Ciò derivava quasi certamente da influssi della tradizione greca, ma in tempi successivi, ritenendo troppo barbara una simile pratica, si optò per il duello rituale tra guerrieri che all'epoca venivano definiti Bustuarius. Nella Roma delle origini i Bustuarius erano guerrieri che combattevano attorno al Bustus, la pira funebre del defunto. Secoli più tardi i giochi gladiatori assunsero connotati ludici finalizzati a divertire un pubblico più o meno vasto. Giochi gladiatori potevano svolgersi infatti tanto nelle arene a pro del popolo, quanto come spettacoli privati organizzati direttamente nelle ricche ville dell'aristocrazia. Che si trattasse di intrattenere il popolo o l'élite romana, il combattimento tra gladiatori divenne comunque tanto diffuso da essere praticato in ogni angolo della Repubblica e successivamente dell'Impero. I governanti romani usavano organizzare grandi spettacoli, spesso della durata di giorni o settimane, con lo scopo di intrattenere le masse a fini politici e propagandistici. Si costruirono arene sempre più grandi e spettacolari, dedicate ad ospitare i guerrieri e le infrastrutture necessarie per mettere in scena spettacoli scenografici, così come anche le palestre e le scuole di combattimento.


Dietro al mondo dei giochi gladiatori (Munera) si celava un vero e proprio indotto, un'industria dello spettacolo che si occupava di mettere in scena la vita e la morte dei guerrieri che vi prendevano parte. Il proprietario della scuola gladiatoria era il Lanista, un libero imprenditore che affittava i propri gladiatori all'organizzatore dei giochi (Editor o Munerarius). Egli traeva profitto dal "noleggio" dei propri combattenti e ne curava scrupolosamente tanto la preparazione fisica, che la salute. I gladiatori, erroneamente a quanto si è spesso detto, non erano merce facilmente sacrificabile. Addestrarli , curarli e nutrirli con cibo adeguato a mantenerli in vigore fisico costituiva uno sforzo economico notevole e per questo nessun Lanista sarebbe stato lieto di vedere i propri investimenti perire tanto facilmente nell'arena. A tale scopo si preferiva sacrificare condannati a morte, carcerati o semplici schiavi, da gettare nell'arena come "carne da macello" per allietare il pubblico con lo spettacolo del sangue. Di conseguenza, le uccisioni ed i duelli all'ultimo sangue tra gladiatori non risultavano poi così frequenti quanto si è sempre creduto, benché il destino del gladiatore sconfitto dipendesse esclusivamente dal giudizio del pubblico e successivamente dell'Imperatore. Se un combattente aveva combattuto con valore, sebbene sconfitto, poteva sperare di aver salva la vita grazie all'acclamazione del pubblico. Altrimenti, se si riteneva il gladiatore non meritevole di salvezza, si alzava il pollice verso l'alto gridando "Iugula!". L'estrazione sociale dei combattenti poteva essere la più varia possibile. Si trattava spesso di schiavi, ma vi erano anche guerrieri professionisti, cioè liberti o liberi cittadini che tentavano la fortuna attraverso la gladiatura. Potremmo paragonare alcuni di loro ai nostri attuali idoli calcistici. I gladiatori venivano considerati atleti ed alcuni divenivano vere e proprie celebrità, accumulando ingenti ricchezze. Il loro sangue, se ingerito, era considerato afrodisiaco e le matrone romane pagavano a caro prezzo il privilegio di trascorrere una notte con i loro guerrieri preferiti. Come ben sappiamo, coloro che si trovavano in una posizione di schiavitù potevano sperare di riscattarsi combattendo nell'arena. Ai più valorosi veniva così concesso il "Rudis", la spada di legno simbolo della libertà e benché la vita del gladiatore fosse irta di pericoli, ciò avvenne più frequentemente di quanto si possa immaginare.
Ogni gladiatore aveva un ruolo predefinito e rappresentava nell'arena una figura allegorica finalizzata a divertire il pubblico e ricreare scene riconoscibili. Ad ogni tipo di gladiatore (Mirmillone, Secutor, Retiarius, ecc..) veniva opposto un altro gladiatore di abilità simmetrica, cioè che possedesse dei vantaggi e degli "handicap" tali da rendere i due guerrieri alla pari, con il fine ultimo di creare uno scontro quanto più equilibrato possibile. L'uno non doveva primeggiare sull'altro ed entrambi dovevano avere svantaggi e vantaggi in egual misura, nell'ottica di uno scontro onorevole. A tal proposito notiamo come il Mirmillone risulti meglio armato e difeso del proprio avversario Retiarius (privo di scudo o armatura ed armato solo di tridente e rete), ma rispetto a quest'ultimo il Mirmillone difetta in mobilità (l'elmo è pesante e limita i movimenti), ridotta visibilità e scarsissima ossigenazione (a causa della celata forata). Dunque massima visibilità opposta a massima protezione ed anche agilità opposta a forza d'attacco... Lo scontro appare così assai bilanciato e l'esito finale reso incerto solo dalle variabili umane del guerriero, come l'intelligenza, la scaltrezza ed il coraggio individuale. Il Mirmillone, se vorrà aver ragione dello scontro, dovrà agire preservando le energie, evitando di consumare il poco ossigeno che filtra dalla celata. Inoltre dovrà ruotare continuamente su se stesso per non perdere di vista l'avversario, compensando così la scarsa visibilità e proteggendosi continuamente dalle finte e le "trappole" nelle quali il Retiarius cercherà di attirarlo per avvolgerlo con la sua rete. Esattamente come un pesce nella rete del pescatore il Mirmillone, se catturato, non avrà possibilità di liberarsi e sarà costretto a soccombere al Retiarius.

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