lunedì 22 settembre 2014

Tecniche d'assedio ed arte iconografica. Parte 11

Questa miniatura, proveniente dalle Cronache del Villani, raffigura la distruzione delle mura e della città di Firenze ad opera delle truppe di Totila, re dei Visigoti, il quale si rese anche colpevole del martirio del vescovo e degli altri sacerdoti della città. Il contesto è quello delle guerre goto-bizantine, che insanguinarono l'Italia centrale e meridionale nel corso del V e VI secolo d.C. 
Dopo la riconquista della città, ad opera delle truppe di Nersete, i bizantini ricostruirono le mura, ma ridussero sensibilmente il perimetro difensivo di Firenze. Le continue scorrerie dei popoli provenienti dal Nord, le carestie provocate dalla devastazione delle campagne e le conseguenti pestilenze avevano infatti prodotto una tale contrazione della popolazione da richiedere un drastico rimodellamento delle mura, riducendone il tracciato rispetto alla più antica cerchia romana. Molte aree abitative vennero abbandonate, alcuni edifici pubblici smantellati ed il materiale edile impiegato per produrre nuove mura. Ben poco resta oggi di tali fortificazioni e l'unico esempio architettonico visibile ancora oggi è rappresentato dalla Torre della Pagliazza.
Interessante notare come l'autore dell'icona abbia rappresentato le mura nel tipico stile bizantino, con torri di candida pietra calcarea dominate da cupole dorate di foggia orientale. L'unica struttura riconoscibile al centro della scena è il battistero di San Giovanni, nel suo ben noto stile romanico-paleocristiano.
I soldati che si trovano al margine destro della scena indossano il vestiario militare in uso tra le fanterie del secolo XIII d.C., che ovviamente non coincide con lo stile del periodo goto-bizantino. Costituisce comunque un buon esempio per l'osservazione delle armature in uso tra XII e XII secolo: Una lunga cotta d'arme copre la sottostante cotta di maglia ed un ampio chapél de fer (cappello di ferro munito di falda larga) sovrasta il cappuccio in cuoio che avvolge la testa, lasciando intravedere solo l'ovale del volto. Uno scudo a forma di mandorla appare appeso al braccio sinistro di uno dei due armigeri, rivestito con tela colorata ed adornato con un'araldica. Totila viene rappresentato a sinistra, raffigurato con lo scettro in mano e con il tipico vestiario del cavaliere del secolo XII-XIII. Egli indossa un'armatura che copre interamente il busto, dotata di protezioni per le ginocchia e per le braccia; probabilmente l'intera armatura del corpo e le rotelle a protezione delle giunture sono probabilmente realizzate in cuoio bollito, un materiale molto usato in quel periodo. La testa appare protetta da una cervelliera di ferro, sulla quale si poteva anche calare il grande elmo pentolare, mentre dal cinturone legato in vita pende una corta daga, utile da usare di punta per farsi strada tra gli anelli delle cotte di maglia, oppure nelle visiere degli elmi. Curioso il fatto che l'autore abbia rappresentato il re dei Visigoti con una folta barba rossiccia, probabilmente per indicarne le origini nordiche (o maliziosamente "imperiali"???) del soggetto. Ricordiamo che il Villani scrive le sue Cronache in un periodo durante il quale è ancora molto sentita la controversia tra Papato e potere imperiale.
Nel complesso l'immagine risulta di forte impatto emotivo, con la raffigurazione di una scena di totale devastazione e crudeltà. L'efferatezza del contesto è dimostrata dall'esecuzione sommaria alla quale vennero sottoposti i ministri ecclesiastici fiorentini: le vittime inginocchiate davanti ai carnefici e le teste separate dal corpo, col sangue che sgorga a fiotti dai colli recisi.
Ciò dimostra che un assedio poteva concludersi in molti modi. Sebbene non fossero poi così comuni le devastazioni di questa portata, soprusi, saccheggi, esecuzioni di massa e stupri erano la conseguenza usuale alla quale venivano sottoposti i vinti. Se la città aveva opposto un'accanita resistenza, l'esercito assediante ed il suo comandante si sentivano moralmente autorizzati a punire spietatamente coloro che avevano osato arrecargli il maggiore danno. In altri casi la divergenza ideologica religiosa poteva dar luogo a vere e proprie epurazioni, come nel caso sopra citato.