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domenica 27 ottobre 2013

ARTIGLIERIE MEDIEVALI A POLVERE NERA

 
L'immagine qui riprodotta mette in evidenza una tipica fase d'assedio del secolo XV, estrapolata da un testo miniato del Froissart. Come si può ben notare alcune bombarde del tipo "a doghe" sono state posizionate sopra una sorta di intelaiature di legno, pronte per essere usate contro le mura della città. Le artiglierie a polvere nera erano già in uso nel secolo XIV, ma non se ne apprezzeranno impieghi realmente efficaci fino al secolo XVI. Le bombarde che venivano usate nel '400 erano prodotte partendo da lamine (doghe) di bronzo o ferro sovrapposte ed unite fra loro attraverso la battitura a caldo, usando un'anima di legno come supporto per conferire alle lastre la curvatura desiderata. Le lamine così unite non avrebbero però potuto sostenere a lungo la pressione esercitata dallo sparo e per questo vi venivano apposti degli anelli di contenimento in ferro, battendoli a caldo e spingendoli a forza nella loro sede lungo la canna della bombarda. Un processo di lavorazione molto lungo, dunque, che avrebbe dovuto attendere i progressi della metallurgia per creare bocche da fuoco più efficienti ed efficaci. Le bombarde medievali infatti potevano facilmente esplodere o fessurarsi per l'enorme pressione esercitata dai gas scaturiti dalla detonazione ed inoltre risultavano estremamente difficili da trasportare. La loro costruzione era costosa e richiedeva grandi quantità di bronzo e di ferro, quest'ultimo soprattutto non sempre disponibile. La tecnica di impiego delle artiglierie medievali dipendeva dall'esperienza degli artiglieri che la utilizzavano. La quantità di polvere da sparo da impiegare ad ogni salva veniva decisa empiricamente dal mastro artigliere e collocata nella culatta della bombarda per mezzo di una specie di "boccale" che veniva poi calzato a pressione per mezzo di una zeppa di legno. I proiettili sparati erano generalmente di pietra e la precisione dello sparo risultava inaccurata. Le bombarde più pesanti venivano poste direttamente sul terreno e gli artiglieri provvedevano a scavare fosse o creare terrapieni sotto di essa per regolarne l'inclinazione. Un lavoro  quindi sporco, faticoso, caratterizzato dal fragore assordante delle detonazioni, dall'odore di cordite e zolfo, dall'intenso calore e dal lampo abbagliante dello sparo. Per tutta questa serie di motivazioni tutt'altro che rassicuranti le bocche da fuoco rimasero per lungo tempo poco diffuse tra le macchine d'assedio ed ancor meno presenti sui campi di battaglia. Si trattava infatti di congegni che venivano guardati con diffidenza tanto dai soldati quanto da coloro che si trovavano a comandare gli eserciti, risultando all'atto pratico costose e discutibilmente efficaci.
Nella stessa immagine si nota un artigliere posto sul retro di una delle bombarde, ritratto nell'atto di accendere la carica esplosiva ponendo un bastoncino infuocato vicino al "focone", foro posto sulla culatta del cannone e che aggettava direttamente alla camera di scoppio. L'abbigliamento dell'artigliere appare del tutto simile a quello di un normale fante del XV secolo, con un elmo a bacinetto ed una corazza a piastre che protegge il busto. Da notare la varietà di colore dei tendaggi che compongono l'accampamento dell'esercito francese assediante, rappresentati con una serie di acquartieramenti a pianta circolare ed ottagonale. Interessante anche notare la conformazione delle mura che difendono la città assediata: l'autore ha riprodotto un ponte di pietra che domina l'accesso alla porta principale, mentre le torri difensive appaiono di forma circolare, soluzione ingegneristica tipicamente adottata per deflettere meglio i colpi dell'artiglieria. Tutto attorno alle mura scorre un fossato difensivo allagato e sullo sfondo dell'immagine, là dove viene rappresentato il mare, si nota una flotta di navi alla fonda, probabilmente costituita da "cocche" o "caracchi", poste a sbarramento navale davanti ad un estuario.
In questa dettagliata raffigurazione di assedio del XV secolo si nota chiaramente la tecnica con la quale venivano impiegate le prime artiglierie a polvere nera. Una volta posizionata la bocca da fuoco nei pressi delle mura, si costruivano paratie mobili in legno per proteggere gli artiglieri dal tiro di frecce nemiche durante le fasi di caricamento. Al momento dello sparo, la paratia basculante veniva sollevata tirando alcune corde e l'artigliere poteva accendere la polvere da sparo avvicinando una miccia accesa al "focone" (foro posto sulla culatta posteriore, attraverso il quale si accedeva direttamente alla camera di scoppio). Una volta eseguito lo sparo, la paratia veniva nuovamente abbassata per vanificare il prevedibile tiro di frecce da parte dei difensori. Da notare l'abbigliamento dell'artigliere, anche in questo caso rappresentato simile ad un fante. Il duca di Alencon è stato qui raffigurato in sella al suo cavallo rivestito del relativo drappo araldico. Il duca indossa un'armatura a piastre completa ed un elmo a bacinetto dotato di visiera mobile, entrata in uso dopo il primo ventennio del '400. All'estrema destra dell'immagine troviamo invece un balestriere intento a ricaricare la propria balestra attraverso un congegno a manovella del tutto simile nel suo funzionamento a quello chiamato "accrocco".
 
 
Nella rappresentazione del XV secolo sopra riportata si notano altri due tipi di bocche da fuoco, questa volta montate su supporti ruotati o addirittura basculanti. Con buona probabilità il realizzatore di questa opera si è ispirato a modelli osservati dal vivo e pertanto in uso a quel tempo.
Da notare sul terreno, accanto alle bombarde, i proiettili di pietra levigata che venivano generalmente caricati a mano attraverso la bocca da fuoco. Davanti ad essa si inserivano poi stracci, paglia o erba, per "calzare bene il proiettile" e ridurre la dispersione della carica dopo lo scoppio della polvere nera. Un processo lungo e faticoso che rendeva la procedura di caricamento estremamente lenta. Altra osservazione meritano i tasselli di legno inseriti dietro la culatta o sotto l'affusto, probabilmente usati come zeppe per correggere la traiettoria del tiro.
Nell'immagine sopra riportata, estrapolata dalle cronache del Froissart, si identificano altri modelli di bombarde del tipo "a doghe" montate su affusti ruotati. In mare si nota una nave del tipo "cocca", riconoscibile dal singolo albero maestro e dai castelli di prua e di poppa.
In questa immagine dell'assedio di Caen l'esercito francese di Carlo VII impiega delle bombarde a doghe direttamente adagiate al suolo. Alcuni incastellamenti improvvisati in legno mantengono in sede le bocche da fuoco durante lo sparo, mentre alcune palle di pietra giacciono sparse sul suolo. Osservando con più attenzione questa immagine si notano alcune tecniche d'assedio tipiche dell'epoca: gli assedianti hanno calato delle scale nel fossato (probabilmente dopo averlo prosciugato) e sono in procinto di scalare le mura, mentre dall'alto dei camminamenti i difensori scagliano pietre sulle loro teste. Sono presenti nella scena anche  alcuni arcieri ed un balestriere, intento a ricaricare la sua arma con un sistema a carrucola. Da notare il fatto che tutti i soldati vengono rappresentati con armatura a piastre di metallo scuro, (probabilmente ferro brunito), ed elmi a "bacinetto" dotati di visiera mobile. Tutti loro indossano una cotta d'arme sopra l'armatura e generalmente la cotta recava l'araldica della propria fazione, del signore o del capitano sotto il quale si prestava servizio. La cotta d'arme in uso nel '400 seguiva il gusto della moda di quel periodo, pertanto viene rappresentata come una veste priva di maniche molto corta, che raggiunge più o meno il bacino  o l'inguine.

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