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martedì 29 aprile 2014

Tecniche d'assedio ed arte iconografica. Parte 3



In questa rappresentazione del 1470 di Jean de Warin si notano altri due tipi di bocche da fuoco, questa volta montate su supporti ruotati o basculanti. Con buona probabilità il realizzatore di questa opera si è ispirato a modelli osservati dal vivo e pertanto in uso a quel tempo.

Da notare sul terreno, accanto alle bombarde, i proiettili di pietra levigata che venivano generalmente caricati a mano attraverso la bocca da fuoco. Davanti ad essa si inserivano poi stracci, paglia o erba, per "calzare bene il proiettile" e ridurre la dispersione della carica dopo lo scoppio della polvere. Un procedimento lungo e faticoso che rendeva la procedura di caricamento estremamente lenta. Altra osservazione meritano i tasselli di legno inseriti dietro la culatta o sotto l'affusto, probabilmente usati come zeppe per correggere la traiettoria del tiro.
Curiosa la rappresentazione dei tendaggi, sicuramente presenti nel campo d'assedio, decorati con drappeggi e ricami a filo d'oro. In alcune circostanze si usava il filo di rame, per ottenere decorazioni dorate ad un costo minore, soprattutto quando tali tessuti erano destinati ad un uso campale come nel caso di cotte d'armi, stendardi, tende da campo e drappi per cavalli da guerra. Ma quando veniva esposto alle intemperie, il rame si ossidava virando verso una colorazione verde e questo fatto, in alcune circostanze, ha indotto gli studiosi a dibattere sul "vero colore" di alcune araldiche rappresentate nei codici miniati. Tende di simile raffinatezza e decoro verosimilmente appartenevano ad un nobile di alto rango.
I notabili raffigurati sul lato sinistro dell'iconografia rappresentano in un certo senso un riassunto di ciò che avveniva attorno ad una guerra d'assedio. Contrattazioni tra assedianti ed assediati, alleanze diplomatiche, accordi di tregua, ecc...  I due dignitari sembrano stringere un accordo, unendo le loro mani sopra un cuscino di tessuto blu. Essi sono circondati dai propri consiglieri e tutti indossano i tipici abiti del secolo XV. Uno dei due soggetti principali (quello a destra) indossa la corona, simbolo di regalità. Ma si notano anche i tipici simboli del cavalierato: la pelliccia di vaio che circonda i margini della veste ed il colletto della cotta d'arme, gli speroni d'oro indossati sopra gli stivali ed in fine la spada, che pende dal fianco.

sabato 26 aprile 2014

Tecniche d'assedio ed arte iconografica. Parte 2


In questa dettagliata raffigurazione di assedio del XV secolo si nota chiaramente la tecnica con la quale venivano impiegate le prime artiglierie a polvere nera. Una volta posizionata la bocca da fuoco nei pressi delle mura, si costruivano paratie mobili in legno per proteggere gli artiglieri dal tiro di frecce nemiche durante le fasi di caricamento. Al momento dello sparo, la paratia basculante veniva sollevata tirando alcune corde e l'artigliere poteva accendere la polvere da sparo avvicinando una miccia accesa al "focone" (foro posto sulla culatta posteriore, attraverso il quale si accedeva direttamente alla camera di scoppio). Una volta eseguito lo sparo, la paratia veniva nuovamente abbassata per vanificare il tiro di frecce da parte dei difensori. Da notare anche l'abbigliamento dell'artigliere, in questo caso rappresentato simile ad un fante. Il duca di Alencon è stato qui raffigurato in sella al suo cavallo, anch'esso rivestito del relativo drappo araldico. Il duca indossa un'armatura a piastre completa ed un elmo a bacinetto dotato di visiera mobile, nella foggia entrata in uso a partire dalla prima metà del '400. All'estrema destra dell'immagine troviamo invece un balestriere intento a ricaricare la propria balestra attraverso un congegno a manovella deltutto simile nel suo funzionamento a quello chiamato "accrocco" . Ma mentre l'accrocco consisteva in una carrucola che si portava appesa anteriormente al cinturone, la balestra raffigurata nella miniatura sembra avere un sistema di caricamento integrato con l'arma stessa. Le palle sparate dalla bombarda giacciono sul prato accanto all'arma e sono di pietra levigata. Il ferro o il bronzo infatti, all'epoca, erano ancora metalli troppo rari e costosi.



giovedì 24 aprile 2014

Tecniche d'assedio ed arte iconografica. Parte 1


Le rappresentazioni iconografiche d'epoca spesso costituiscono vere e proprie "fotografie sul passato". Miniaturisti e pittori spesso si sono ispirati a soggetti coevi, traendo ispirazione dal proprio contesto di vita e riportando su carta o tela ciò che potevano osservare nella realtà. Essi scattavano così preziosissime istantanee, che mettono in evidenza usi e costumi di epoche ormai lontane. Ripropongo dunque di seguito una serie di brevi articoli, già pubblicati in passato su altri portali, che prendono in esame alcune iconografie medievali, con particolare riferimento alle tecniche d'assedio.
Fin da quando esistono città da espugnare, l'uomo si è ingegnato per escogitare metodi sempre più evoluti e raffinati atti ad aggirarne le difese. Mura, bastioni, fossati e trappole erano elementi comuni di quasi tutte le fortificazioni e costituivano spesso un ostacolo invalicabile per qualsiasi attaccante. I difensori di un castello o di una città erano in grado di tenere testa ad intere armate per periodi prolungati, spesso vanificando ogni tentativo di assalto. Dunque occorrevano espedienti, ingegno e fantasia per riuscire a sfondare le difese ed a tal proposito contiamo un numero considerevole di tecniche e macchine d'assedio, ben note fin dai tempi della Grecia classica. Un attaccante determinato ad assaltare una fortificazione aveva solo tre opzioni a disposizione: Sfondare le mura, passarvi sopra oppure passarvi sotto. In altri casi l'espediente del tradimento, organizzato con l'aiuto di complici che si trovavano all'interno della città, permetteva di far aprire le porte all'insaputa dei difensori. Ma qualunque fosse il metodo scelto, occorreva tempo, perseveranza ed intuito per condurre a buon fine un assedio, mettendo anche in bilancio l'ipotesi di dover rinunciare.
Dunque, ritenendo di far cosa gradita ai lettori appassionati dell'argomento, inserisco di seguito un'immagine tratta da un manoscritto francese del secolo XV. Nel lato sinistro dell'immagine viene raffigurato un esercito assediante, che cerca di scalare le mura di una città per mezzo di scale in legno. Nella parte destra dell'immagine invece appare una "mina", cioè una galleria scavata sotto le mura nemiche con lo scopo di provocarne il crollo e creare un varco per le truppe. Lo scavo delle mine veniva generalmente svolto da genieri specializzati: una volta creata la galleria veniva dato fuoco alle impalcature ed il peso delle mura, privato del sostegno sottostante, avrebbe dato origine al collasso di quel tratto di fortificazioni. Scavare una mina era un lavoro sporco e pericoloso, a causa dei continui crolli improvvisi e della scarsità di aria. Spesso i difensori scavavano delle contromine (gallerie parallele) allo scopo di intercettare quelle degli attaccanti e farle crollare. In tal caso ne scaturivano vere e proprie battaglie sotterranee corpo a corpo, che rendevano ancora più pericoloso il lavoro dei genieri.
L'osservazione dell'immagine dunque, sebbene con le dovute cautele, ci aiuta a comprendere le tecniche d'assedio impiegate in un determinato contesto, nonché l'aspetto di armature ed armamenti. Esse costituiscono vere e proprie "fotografie sul passato" in quanto l'autore




RADUNO AUTO STORICHE A.S.I.

RADUNO DI PRIMAVERA AUTO STORICHE 





l'ASI è l' Automotoclub Storico Italiano, costituito nel 1966, è una Federazione composta da 263 club federati e 38 club aderenti, che riunisce appassionati di veicoli storici. 
Il raduno del 5-6 Aprile 2014 è patrocinato dal Club Auto-Moto-Veicoli e trattori d'epoca Umbro e si terrà a San Venanzano (TR). Sul sito dell'ASI potrete trovare numeri ed indicazioni utili, semplicemente clikkando il link sopra indicato.

lunedì 21 aprile 2014

Nuovo inserimento in bibliografia

Mezzo semicingolato tedesco SdKfz 251


Manuale ricco di materiale fotografico inedito di altissima qualità, purtroppo interamente tradotto in lingua cinese (o giapponese??).
Il testo è ricco di riferimenti iconografici per coloro che desiderano approfondire la storia di questo veicolo e delle sue innumerevoli varianti belliche.
La SdK 251 è un semicingolato blindato, creato dalla Hanomag in quattro modelli (A-B-C-D) appositamente per il trasporto e protezione delle truppe combattenti sul campo di battaglia. Il significato dell'acronimo SdKfz è: "Sonder Kraftfahrzeug", ossia "veicolo per usi speciali. La Wehrmacht ne fece largo impiego durante la Seconda Guerra Mondiale e ben presto anche gli Alleati adottarono un simile sistema di trazione. La Guerra Lampo, adottata dalla Germania allo scoppio delle ostilità nel 1939, prevedeva un largo impiego di truppe motorizzate, capaci di spostarsi sui vari settori del teatro bellico e raggiungere i propri obbiettivi facendo uso di mezzi corazzati e blindati.  A tal proposito, i semicingolati costituiscono un tentativo di risolvere i limiti presentati dagli autocarri per quel che concerne la manovrabilità "offroad". L'SdK 251 poteva infatti muoversi agevolmente anche su terreni impervi, grazie al treno di rotolamento posteriore dotato di cingoli, unendo alla grande trazione una buona manovrabilità conferita dalle ruote anteriori, di tipo tradizionale. La blindatura leggera, inclinata per deflettere meglio eventuali colpi di armi leggere e schegge di granata, avrebbe garantito una sorta di protezione ai fucilieri seduti all'interno del veicolo, ma la visibilità di guida del cingolato ne risultò penalizzata, a causa della bassa posizione del sedile di guida ed alla stretta feritoia anteriore, che consentiva solamente una visuale frontale. Il motore, poi era a contatto con il vano di guida ed il rumore risultava assordante. Ciò nonostante, la versatilità di questo veicolo permise all'esercito tedesco di impiegarlo in diversi ruoli: mezzo d'assalto, ricognizione, trasporto truppe, traino artiglierie leggere, trasporto munizioni, vettore lanciarazzi. Furono prodotte versioni dotate di cannoni 7,5 cm a canna corta, (soprannominato "Stummel", tradotto letteralmente "mozzicone"), oppure fornite di ponti, apparati radio, mitragliatrici, lanciarazzi e lanciafiamme.
A meno che non si conoscano le lingue orientali, questo volume sarà utile solo a coloro che necessitano materiale iconografico di riferimento. 
Di seguito riporto alcune pagine come esempio.










sabato 19 aprile 2014

IL MUSEO DI BAYEUX

MUSEO MEMORIALE DI BAYEUX





Bayeux è una piccola città situata nel dipartimento del Calvados, nella regione della Bassa Normandia.
Il luogo è conosciuto soprattutto per il famoso Arazzo di Bayeux, oggi custodito presso il museo comunale, ma anche per la sua magnifica cattedrale gotica e per il giardino botanico comunale, ricco di specie rare e centenarie. Per coloro che amano studiare gli eventi della Seconda Guerra Mondiale, Bayeux offre anche la possibilità di visitare uno dei musei più suggestivi di tutta la Normandia. Il Musée Mémorial Bataille de Normandie è infatti un moderno complesso, che ospita una vasta gamma di reperti d'epoca, attraverso i quali ripercorre le tappe del famoso D-Day, lo sbarco alleato sulle spiagge della Normandia, avvenuto la mattina del 6 Giugno 1944. Non è facile condensare in poche righe l'insieme di emozioni che il Musée Mémorial suscita nei suoi visitatori. All'interno si possono ammirare oggetti di ogni genere, carri armati, veicoli militari d'epoca, cannoni, teche stracolme di minuterie ed oggetti di vita quotidiana, impiegati dai soldati tedeschi ed alleati durante le fasi cruciali di quella che sarebbe passata alla storia come la "Battaglia di Normandia". La collezione è allestita in modo suggestivo, tanto all'interno quanto all'esterno del museo, anche attraverso la ricostruzione di ambientazioni e l'impiego di manichini vestiti con abiti d'epoca. L'esposizione museale si compone di più settori, divisi come segue:
Sala Overlord: Settore britannico  - Settore americano   
Sala Montgomery: Diorama (sala dei plastici)
Cinema (Proiezione di filmati dell'epoca) 
Sala Eisenhower
Hall, con esposizione di souvenir in vendita
All'esterno del museo sono stati posizionati alcuni carri armati alleati e tedeschi. Durante gli scontri del 1944 molti di questi giganti di ferro andarono perduti sul campo ed essi sono ora esposti presso il museo, come testimonianza degli eventi occorsi in quei tragici giorni di Giugno. La battaglia fu violentissima ed altrettanto sanguinosa fu l'avanzata delle truppe alleate nell'entroterra. L'operazione Neptune, (con questo nome gli Alleati battezzarono lo sbarco), costituì solo una parte della più ampia Operazione Overlord, finalizzata all'invasione della Normandia. Fu la più grande azione di sbarco anfibio della storia: più di 5.000 imbarcazioni vi presero parte, per condurre oltre 2.000.000 di uomini oltre la Manica nel periodo tra Giugno ed Agosto 1944. Inoltre gli Alleati misero in campo circa 8.000 carri armati e ben 12.000 aerei. Ancora oggi, sulle spiagge degli sbarchi, emergono reperti di ogni genere e Bayeux si trovava proprio al centro del piano di invasione, sebbene sia stata liberata senza neanche sparare un colpo dalla 50° Divisione Britannica "Northumbria". Lungo le strade litoranee che costeggiano le spiagge degli sbarchi si possono incontrare altri piccoli musei e cimiteri commemorativi, ma quello di Bayeux rappresenta una delle più grandi collezioni visitabili, assieme al museo di Arromanches.

Un carro M-4 Sherman esposto davanti all'entrata del museo. Lo Sherman era un carro medio di buone prestazioni, che ben presto divenne la spina dorsale dei reparti corazzati alleati. Prodotto in innumerevoli versioni ed equipaggiato con un motore stellare di derivazione aeronautica, risultò un mezzo efficiente e di facile manutenzione. Purtroppo la blindatura non risultò sempre all'altezza della situazione, quando confrontata con quella dei più pesanti carri tedeschi. 
Un carro britannico Churchill Crocodile. Notare la bocca del lanciafiamme posizionata sullo scafo,( in basso sulla destra dell'immagine), accanto alla postazione del pilota.
Jadgpanzer 38(t) 'Hetzer'.  Questo piccolo cacciacarri tedesco veniva costruito sulla base del Panzer 38 (t), privato della torretta per ospitare un cannone da 7,5 cm. Aveva una sagoma molto defilata, difficile da individuare sulle lunghe distanze e per questa ragione risultava un bersaglio particolarmente difficile da colpire. L'Hetzer è il risultato dell'involuzione industriale che colpì la Germania durante le fasi finali della guerra. Ormai in ritirata su tutti i fronti e pressata sul campo di battaglia da un numero sempre maggiori di carri armati Alleati, la Germania mise in campo una serie di carri "low cost" spesso derivandoli dallo scafo di altri carri armati preesistenti. In questo modo fu compensata la scarsità di materie prime, producendo numerosi "cannoni cingolati" adatti a tendere imboscate ai più numerosi carri nemici.L'assenza di torretta rendeva fondamentale il coordinamento tra pilota e puntatore, poiché il brandeggio dell'arma era minimo e per questo si poteva mirare al bersaglio solo spostandosi sui cingoli.
Un cannone tedesco calibro 7,5 cm PAK 40 (Panzerabwehrkanone 40 7,5 cm). Cannone anticarro ruotato molto diffuso tra i reparti della Wehrmacht.
Carro Churchill Crocodile visto di fianco. Questo carro armato inglese ebbe il battesimo del fuoco durante il fallimentare tentativo di sbarco di Dieppe, il 19 Agosto 1942. Per quell'occasione i Churchill erano stati modificati con barriere anfibie di galleggiamento, ma le alte onde della mareggiata distrussero le barriere ed i carri affondarono in mare. I pochi Churchill  fortunati che raggiunsero le spiagge, incontrarono forti difficoltà nel manovrare sui ciottoli della spiaggia e divennero così facili prede per l'artiglieria controcarro tedesca. Il fallito sbarco di Dieppe risultò inizialmente un eclatante errore da parte degli Alleati, ma nonostante le forti perdite umane permise di testare le difese tedesche, nell'ottica di una più vasta operazione di invasione che sarebbe poi avvenuta in Normandia solo due anni più tardi.
La brochure del museo.

Interessante libro sui cannoni

Un nuovo libro da aggiungere alla bibliografia...
 
I CANNONI
1939-1945
 

Ampia panoramica fotografica in B/N, arricchita da un testo saturo di descrizioni tecniche ed informazioni utili per tutti coloro che intendono approfondire l'arte della guerra.
L'artiglieria costituì un importante aspetto tattico del Secondo Conflitto Mondiale, considerato oggi l'età aurea del cannone. Tra il 1939 ed il 1945 le artiglierie campali raggiunsero l'apice evolutivo, ma le bocche da fuoco erano ben conosciute anche nel Medioevo. Si fa infatti risalire il loro primo impiego al 1320 d.C. e solo sessant'anni più tardi fecero la propria comparsa sul campo di battaglia anche le armi da fuoco portatili. L'impiego delle artiglierie è stato spesso determinante durante gli scontri armati, tanto nell'antichità quanto nell'era moderna e nonostante le guerre attuali vengano combattute con missili, razzi e congegni autoguidati, i cannoni continuano a rappresentare un irrinunciabile strumento tattico, sebbene ridimensionati nella varietà e nella quantità.
L'autore, Ian V. Hogg, è stato insignito del titolo di "Master Gunner First Class" dall'esercito britannico ed ha servito il suo Paese come artigliere di carriera. In qualità di docente, egli può essere considerato uno dei massimi esperti sulla materia ed è per questo motivo che i contenuti del presente libro rappresentano una vera e propria perla di saggezza per tutti coloro che sono interessati a studiare l'argomento.
Cannone "Gustav", calibro 80 cm, montato su carrello ferroviario
Una delle tante  pagine ricche di fotografie riguardanti prototipi e pezzi operastivi

giovedì 10 aprile 2014

THE INTREPID SEA, AIR & SPACE MUSEUM


Un'altra incredibile attrazione offerta dalla città di New York è senza dubbio l'Intrepid Sea, Air & Space Museum. Il museo galleggiante, allestito a bordo della portaerei USS Intrepid CV-11, ancorata permanentemente presso lo scalo portuale Pier 86, sulla 46th strada, nel West Side di Manhattan.
L'esposizione di velivoli ed equipaggiamenti è impressionante, così come anche l'ambientazione in cui essi sono inseriti. Il visitatore potrà passeggiare tranquillamente sul ponte di una portaerei, ammirando numerosi velivoli che hanno fatto la storia dell'aviazione navale e terrestre.
La portaerei Intrepid CV-11 fu varata il 26 aprile 1943 e dismessa il 15 marzo 1974. Fu salvata dalla rottamazione ed adibita a museo galleggiante nel 1982. Oggi viene considerata patrimonio nazionale americano. La portaerei partecipò attivamente alla battaglia del Pacifico durante la Seconda Guerra Mondiale ed in tale occasione venne speronata da ben tre aerei kamikaze giapponesi. Sopravvissuta agli attacchi suicidi che provocarono numerose vittime tra i membri dell'equipaggio, benché gravemente danneggiata venne riparata e rimessa in mare. Successivamente fu rimodernata per ospitare le moderne catapulte ed i cavi di arresto, indispensabili per lanciare e far atterrare i moderni aviogetti a reazione. L'ultimo conflitto al quale l'Intrepid partecipò fu la Guerra del Viet Nam. La nave è visitabile tanto sul ponte di volo, quanto negli ampi hangar sottostanti. Sotto coperta si possono ammirare numerosi velivoli e reperti d'epoca, come tute spaziali, torrette girevoli ed un magnifico silurante Avanger, il quale domina l'esposizione con la sua tipica doppia colorazione (blu scuro e grigio gabbiano) impiegata durante la guerra nel Pacifico. Ma anche altri sono gli esemplari interessanti, come ad esempio la capsula spaziale del progetto Mercury, l'Aurora 7 sulla quale Scott Carpenter compì il suo volo suborbitale. Interessante anche la replica della capsula Gemini (dentro la quale ci si può sedere ammirandone l'essenziale strumentazione), un jet F-86 Sabre della guerra di Corea ed un caccia A4 Skyhawk che rievoca la guerra del Viet Nam.
Il ponte esterno invece ospita il ricognitore supersonico stelath  Lokheed A-12 BlackBird (il primo prodotto dalla Lockheed), un F-14 Tomcat (che molti ricorderanno pilotato da Tom Cruise nel film Top Gun), un italianissimo Macchi MB-339 delle Frecce Tricolori, un elicottero da combattimento AH-1 "Cobra", uno Kfir israeliano, un Mig 15 della Repubblica Popolare Cinese ed in fine un fantastico F4 Phantom, lo storico caccia che fu protagonista di numerosi duelli aerei durante la Guerra del Viet Nam. Inoltre, dal 2012 la poppa della USS Intrepid ospita un nuovo padiglione, nel quale è stato posizionato lo Space Shuttle. La visita di quest'ultimo però richiede il pagamento di un biglietto aggiuntivo.
A completamento di questa magnifica collezione, sulla banchina portuale posta a fianco dell'immensa nave si può ammirare un esemplare del Concorde, che di certo vi impressionerà per le sue dimensioni e per la sua linea aerodinamica affusolata.
Il museo è facilmente raggiungibile in taxi e si affaccia sulla riva orientale del fiume Hudson. Si tratta di una visita molto particolare e suggestiva, ma che mi sento in dovere di consigliare solo ai veri appassionati del genere. All'interno della nave, oltre che documentarvi riguardo a vari aspetti della vita di bordo, potrete anche assistere ad un breve filmato proiettato a ripetizione più volte al giorno e che descrive il tragico evento dello speronamento Kamikaze avvenuto durante la guerra del Pacifico. Filmati originali d'epoca e resoconti narrati dai reduci si fondono in una toccante presentazione stereofonica, che vi darà l'impressione di vivere in prima persona la tremenda esperienza affrontata dall'equipaggio dell' USS Intrepid.
F-4 Phantom. Questo caccia storico prodotto dalla Mc Donnel Douglas divenne la spina dorsale dell'aviazione di marina statunitense durante gli anni '60 e '70. Molto apprezzato dai suoi equipaggi, la sua forma aggressiva e la coda tipicamente angolata verso il basso sono oggi considerati un'icona della guerra del Viet Nam. Il caccia aveva elevate prestazioni, portava fino a nove missili a guida radar AIM7 Sparrow ed a guida infrarossa AIM9 Sidewinder, ma i suoi equipaggi lamentavano l'assenza di un cannoncino per lo scontro ravvicinato. Una smile "trascuratezza di progetto" poteva essere imputato solo al fatto che la mentalità del warfare aereo in quell'epoca stava cambiando radicalmente, rispetto alle guerre precedenti. Ci si stava infatti affidando esclusivamente alla nuova tecnologia dei missili, portando così lo scontro ad una distanza calcolabile in miglia, senza tener conto che in alcune circostanze lo scontro ravvicinato sarebbe stato comunque inevitabile, rendendo così inutilizzabili i missili. Per questo motivo l' F-4 Phantom sarebbe stato aggiornato  nelle successive versioni, aggiungendo un cannone per lo scontro ravvicinato e numerose altre configurazioni d'armamento. Il Phantom è rimasto in servizio per lungo tempo presso la US Navy ed altre aeronautiche militari, (tra le quali anche la moderna Luftwaffe), partecipando anche alla prima Guerra del Golfo come velivolo "Wildweasel". La radiazione completa dai reparti di volo iniziò  nel 1996, sostituendo il Phantom con velivoli più moderni.


I primi elicotteri operativi erano poco più che libellule dotate di rotore ed erano principalmente impiegati come ricognitori o per missioni di salvataggio. Questo modello era dotato di verricello e veniva impiegato per il recupero dei piloti precipitati in mare.

Replica della capsula Mercury di Scott Carpenter, l'Aurora 7.
Il volo dell'Aurora 7 si inserisce nel più ampio contesto della corsa allo spazio, iniziata dai sovietici con il lancio del satellite Sputnik nel 1957 ed il successivo volo suborbitale di Yuri Gagarin il 12 Aprile 1961. La corsa allo spazio di URSS e Stati Uniti d'America si protrasse per lungo tempo con alterne fortune, che videro protagonisti i cosmonauti di entrambe le parti e che si concluse con lo sbarco americano sulla Luna. Il progetto Mercury fu il primo avviato dagli americani per raggiungere questo risultato finale e la capsula presentata in questa foto costituisce l'angusto modulo abitativo che avrebbe ospitato il cosmonauta durante il volo spaziale. La capsula veniva innestata sulla punta di un missile balistico Titan oppure di un più efficiente Atlas, che con la sua tremenda spinta d'accensione provvedeva a metterla in orbita. Una volta separata dal modulo propulsore, la capsula proseguiva il suo volo suborbitale, ammarando infine nell'Oceano Pacifico sostenuta da tre ampi paracadute. Agli elicotteri della USS Intrepid venne assegnato l'arduo compito di recuperare Scott Carpenter e la sua costosa capsula, Aurora 7.

Pannello strumenti della capsula Gemini. Il progetto Gemini fu la naturale prosecuzione del programma spaziale Mercury. Una volta accertata la possibilità di inviare uomini nello spazio e recuperarli vivi, occorreva testare la possibilità di far uscire i cosmonauti nello spazio esterno e farli rientrare nella capsula incolumi. A tale scopo venne progettata una navicella leggermente più ampia di quella impiegata nel progetto Mercury, prevedendo la presenza di due astronauti affiancati. Proprio grazie ad una capsula come questa Ed White compì la sua prima passeggiata spaziale. La foto del pannello strumenti è stata da me scattata stando seduto sul sedile destro dell'angusto abitacolo.



Capsula Gemini. 
STORICO VOLO GEMINI 4 & PASSEGGIATA SPAZIALE
Il Concorde ancora oggi ci impressiona per le sue elevate prestazioni, fino ad oggi mai superate da altri aviogetti di linea. Si tratta di una macchina estrema, concepita per abbattere la barriera del suono. Il progetto del Concorde risale agli anni '60 e prima di allora solo un altro aereo di linea era riuscito a raggiungere la ragguardevole velocità di Mach 2, il sovietico Tupolev TU-144.  Benché il Concorde sia stato ormai ritirato dal servizio, (anche a seguito del tragico incidente di Parigi che nel 2000 vide precipitare in fiamme il volo 4590), esso incarna ancora oggi l'icona più rappresentativa del business flight di lusso. Il Concorde poteva superare la barriera del suono e percorrere la distanza tra Londra e New York in circa tre ore e mezza. I mostruosi costi di manutenzione però lo hanno reso un aereo estremamente oneroso, che ben poche compagnie sarebbero state in grado di mantenere in linea di volo per lungo tempo. Quindi, a causa della crisi occorsa a seguito degli attentati alle Twin Towers e della conseguente depressione economica che investì il mondo del trasporto aereo, nel 2003 il Concorde effettuò il suo ultimo volo.

Un altro aereo storico è l'F9F Cougar, versione successiva del F9F Panther, protagonista della guerra di Corea. Questo "reattore" degli anni '50 faceva parte dei reparti imbarcati della US NAVY ed appartiene alla stessa epoca del Mig-15 e del F-86 Sabre.
Un Mig 21 Bis

Mig 15 Repubblica Popolare Cinese

Scene di vita quotidiana a bordo della USS Intrepid, durante le operazioni di manutenzione ad un A-1 Skyrider

AH-1 Cobra (sinistra)  e Sikorsky H-19 (destra)
Black Bird SR-71. Questo magnifico aereo spia è il primo esemplare prodotto dalla Lockheed. Il Black Bird era l'unico aereo al mondo in grado di raggiungere la velocità di Mach 3 ed era in grado di scattare foto all'infrarosso da una quota di 24.000 metri. Volando ai limiti della stratosfera e più velocemente di ogni altro velivolo, il Black Bird era in grado di sottrarsi al raggio d'azione di missili terra-aria ed intercettori nemici. L'aereo non portava alcun tipo di armamento e gli equipaggi erano costretti ad indossare tutte pressurizzate, simili a quelle degli astronauti.


F-14 Tomcat. Questo celebre caccia intercettore della US NAVY è stato recentemente sostituito nel suo ruolo dal più moderno F-18 Hornet. Trattasi comunque di un magnifico caccia biposto con ala a geometria variabile, capace di trasportare numerosi missili aria-aria Phoenix, a lungo raggio. l'F-14 nasce negli anni '70, in piena guerra fredda, quando la Marina Americana pone all'attenzione del Ministero della Difesa la necessità di produrre un intercettore capace di individuare e distruggere bersagli a lunga distanza, adottando il nuovissimo missile Phoenix. Ormai da tempo si era venuti a conoscenza del fatto che i Russi possedevano missili di crociera trasportabili dai loro bombardieri, capaci di affondare con un solo colpo una portaerei... Ciò impose alla US Navy di studiare un nuovo sistema difensivo basato su "missili anti missile", capaci di intercettare un oggetto volante nemico a centinaia di miglia di distanza. Purtroppo però, lanciando il missile direttamente dalla nave, il raggio d'azione sarebbe stato limitato alle immediate vicinanze della flotta stessa, senza dunque alcuna possibilità di errore. Quindi apparve ovvia la necessità di posizionare i missili sotto il ventre di un caccia, il quale andando incontro all'oggetto ostile, avrebbe portato lo scontro ancor più lontano dalla flotta. L'F-4 Phantom all'epoca costituiva la spina dorsale dell'Aviazione di Marina, ma non era in grado di caricare il pesante missile Phoenix, perciò venne indetta una gara d'appalto per un velivolo da caccia con ali pieghevoli, cellula robusta per sostenere gli appontaggi, buona visibilità dall'abitacolo per le manovre di atterraggio e decollo su portaerei ed un peso non superiore alle 24 tonnellate. L'azienda aeronautica Grumman, esperta nella produzione di velivoli per la Marina, propose un interessante progetto che entrò in competizione contro quello proposto dalla giovane azienda General Dynamics.
Il Grumman F-14 Tomcat risultò essere la scelta migliore e dopo numerosi test vinse l'appalto per la US NAVY, mentre il progetto bocciato della General Dynamics (denominato TFX: Tactical Fighter X-wing), incontrò l'interesse dell'Esercito, entrando poi in servizio presso l'USAF con il nome di  F-111.







mercoledì 9 aprile 2014

Interessante libro sui Caccia, aggiunto in bibliografia

Ecco un vecchio testo del 1972 che stuzzicherà la curiosità degli appassionati di aeronautica...

Kenneth Munson
 
CACCIA
E aerei d'attacco ed addestramento 1939-1945


Il testo contiene numerose tavole a cvolori, corredate di schede tecniche. Un simpatico strumento di riferimento per conoscere le varie versioni e livree dei caccia che parteciparono alla Seconda Guerra Mondiale

Una delle tante tavole tecniche a colori. Interessante il sistema "sdoppiato" adottato dagli illustratori per mostrare la livrea dorsale e ventrale dei velivoli.

martedì 1 aprile 2014

ELLIS ISLAND - NYC

 


Per molti versi Ellis Island è il luogo che mi ha colpito maggiormanete, durante la mia recente permanenza a New York. L'isola si trova di fronte a Manhattan, nella baia di New York, là dove il fiume Hudson incontra l'Oceano Atlantico. Il porto di Ellis Island per lungo tempo ha rappresentato il filtro attraverso il quale gli immigranti europei dovevano passare per sperare di accedere al suolo americano. Da questo luogo sono transitate ben 12.000.000 di persone, ciascuna portando con sé i propri sogni, la speranza di trovare un lavoro migliore o iniziare una nuova vita lontano dal Vecchio Continente. Accedere al sogno americano non era però così semplice e gli immigrati, da qualunque paese provenissero, venivano sottoposti ad una serie di controlli medici ed attitudinali per constatarne l'idoneità ad oltrepassare la frontiera americana. Statua della Libertà attraverso finestre dotate di griglie ed inferriate... Il pudore secolare di donne e uomini provenienti da paesi di antichissime tradizioni, come l'Italia, l'Irlanda e la Russia, veniva messo a dura prova dal trattamento rigido e disumanizzante al quale venivano sottoposti. Ma una volta superata la visita medica i guai non erano finiti... Dopo aver diviso i soggetti sani da coloro che presentavano problematiche di salute, i candidati venivano fatti accedere ad un'altra grande sala, dove un ufficiale dell'autorità portuale li avrebbe sottoposti ad una serie di "semplici domande":

Ellis Island è nata come installazione militare nel 1892 ed è caratterizzata da una complesso di casermaggi in mattoni rossi e da un fabbricato principale costituito da ampi saloni ed alte finestre. Avvicinandosi all'isolotto, che ospita ancora oggi il vecchio scalo portuale ed i suoi tetri fabbricati (convertiti ad attrazione museale), ci si rende subito conto dell'atmosfera austera che i nuovi arrivati devono aver percepito, una volta scesa la traballante passerella dei transatlantici che li avevano condotti oltre Oceano. Per i non idonei il viaggio sarebbe terminato prematuramente in quel luogo, attendendo il rimpatrio in uno dei tanti casermaggi dislocati sull'isola, mentre per coloro che si dimostravano sani ed abili al lavoro si sarebbe presentata l'opportunità di prendere un traghetto per raggiungere Manhattan. Tale selezione era quotidianamente affidata ad ufficiali dell'autorità portuale e medici, questi ultimi in special modo incaricati di stabilire l'idoneità psicofisica dei candidati. Dal punto di vista fisico, il nuovo arrivato non doveva presentare infermità permanenti, quali sordità, mutismo, cecità o altra malattia invalidante. Erano esclusi anche i vecchi, gli storpi ed i malati di mente. I medici segnavano gli immigrati sulla schiena con un gessetto, indicando PG per le donne gravide, K per le ernie ed X per le malattie mentali. Appare dunque ovvio  che la selezione mirava principalmente a dare accesso a soggetti sani, giovani ed abili ai lavori manuali.  Possiamo facilmente immaginare uomini e donne ammassati assieme ai propri bagagli in ampi saloni e paradossalmente costretti a guardare la
Come ti chiami?
Quanti anni hai?
Che lavoro sai fare?
Hai mai commesso crimini nel tuo paese?
Quanto denaro porti con te?
Hai parenti negli Stati Uniti d'America?
Dove ti recherai, una volta entrato negli Stati Uniti d'America?
 
In questo modo, con poche semplici domande ed in un batter d'occhio, veniva deciso il futuro di intere famiglie. Gli immigrati rispondevano alla meno peggio ad ogni quesito rivoltogli, spesso con estrema difficoltà, in quanto non conoscevano la lingua. Ciò che però non potevano immaginare era che alle spalle dei funzionari doganali, appollaiati su sgabelli posti dietro a piccoli scrittoi di legno, si apriva una profonda scalinata suddivisa da tre ringhiere. Quella scala è ancora oggi percorribile durante la visita del museo e da una targa appesa al muro si apprende con una certa inquietudine che gli immigranti la chiamavano "la scala della separazione". Se infatti il candidato rispondeva correttamente all'interrogatorio veniva indirizzaato verso la rampa all'estrema destra, dalla quale avrebbe avuto accesso diretto alla biglietteria per comprarsi un biglietto del traghetto per Manhattan, mentre se risultava non idoneo all'immigrazione sarebbe stato indirizzato verso la rampa sinistra, così da tornare subito alla banchina portuale per essere reimbarcato sulla stessa nave che lo aveva condotto oltre Oceano. I transatlantici avevano infatti l'obbligo, secondo la legge americana, di riprenderli a bordo e riportarli ai porti di provenienza. Quanto alla rampa centrale della scalinata, essa era destinata ad accogliere coloro che risultavano sospetti di criminalità, o sul cui conto sarebbe stato necessario condurre maggiori accertamenti. Anarchici, dissidenti politici, criminali, persone prive di denaro o mestieri... Questi soggetti sarebbero stati tutti incarcerati fino ad accertamento eseguito, cosa che spesso poteva richiedere anche mesi di tempo. Ad ogni modo la quota di espulsi difficilmente superò mai il 2% degli immigranti.
Il flusso migratorio verso gli USA fu costante fino all'inizio del XX secolo, toccando il picco massimo di 1.004.756 unità nel 1907. Negli anni successivi, con l'intento di affinare la selezione, vennero introdotti anche i test di alfabetismo e stabilite le quote massime annue per ogni paese di provenienza, (L'Italia, ad esempio, nel 1924 si vedeva assegnata una quota massima di 2.700 nuove unità, a frone dei 17.000 accettati dall'Irlanda). La crisi del 1929 provocò un crollo delle presenze ed il fenomeno si trascinò in un lento decadimento durante gli anni successivi. Nel periodo che vide il Secondo Conflitto Mondiale vi vennero deportati prigionieri giapponesi, tedeschi ed italiani. Ellis Island venne in fine dismessa nel 1954, trasferendo le attività dell'autorità portuale direttamente a Manhattan. Nel 1990 vi venne istituito l'Ellis Island Immigration Museum ed oggi il centro museale ospita numerose sale espositive, che ricreano la storia dell'immigrazione negli Stati Uniti d'America. aver costruito gli Stati Uniti d'America", contribuendo alla grandezza di una nazione che ancora oggi suscita stupore per i suoi ritmi di crescita. All'interno del museo è presente anche una sala dotata di numerosi computers, attraverso i quali i visitatori possono liberamente eseguire una ricerca storica e trovare eventuali parenti immigrati in America.
Interessante è il percorso espositivo che illustra l'inserimento dei nuovi arrivati nel contesto americano ed il nuovo stile di vita al quale cercarono di adattarsi, pur mantenendo in molti casi le proprie tradizioni continentali. Grazie ad un opportuno revisionismo storico appare chiaro che oggi gli USA riconoscono a queste persone il merito di "
L'isola si può raggiungere facilmente acquistando un biglietto del traghetto che ogni giorno parte da Battery Park. La corsa è valida per visitare sia Liberty Island (Dove si trova la Statua della Libertà), sia Ellis Island. La vista dal traghetto è molto suggestiva e dona all'osservatore l'impressione di essere tornato indietro nel tempo... Per alcuni istanti ho potuto osservare la Statua della Libertà dallo stesso punto di vista di quanti, all'inizio del secolo, giunsero a New York in cerca di fortuna. Per quanto concerne poi la visita al museo dell'immigrazione, posso affermare di aver percepito la stessa atmosfera angosciante ed inquietante vissuta dai nostri connazionali che approdarono sull'isola. Sul banco di uno degli ufficiali doganali è ancora oggi esposto un documento di registrazione, datato, sul quale viene riportato l'arrivo di un piroscafo da Napoli. I nomi dei viaggiatori sono ancora ben leggibili e scorrendo quelle poche righe di registro si ha l'impressione di visualizzare i volti e le espressioni dei viaggiatori.  
In questo contesto è possibile anche cimentarsi con alcuni test interattivi, provando a fingersi immigranti e rispondendo alle domande delle autorità portuali. 
Quanti anni hai? 30
Hai parenti qui in America? Si, mio fratello lavora in una fattoria a Chicago
Quanti soldi hai? 10 dollari
Hai mai avuto problemi con la legge? No, mai
Cosa sei venuto a fare qui? Mio fratello mi ha chiamato per lavorare a Chicago.
Che fine avrebbe fatto questo immigrato secondo voi???
Soluzione: Rampa centrale della scalinata.... In carcere.  Vi starete domandando il perché, ma la risposta è semplice: Egli non ha denaro sufficiente per mantenersi almeno un mese negli USA prima di trovare lavoro e le autorità non vogliono persone a carico del sistema. Il denaro non gli sarà sufficiente neanche per raggiungere il fratello a Chicago. Inoltre il fatto di avere parenti negli USA impone dei controlli ed al fratello verrà chiesto di venire ad Ellis Island per riconoscere l'identità del candidato.
Quanti anni hai? 20
Hai parenti qui in America? Si, mio padre ha una macelleria qui a New York
Quanti soldi hai? 30 dollari
Hai mai avuto problemi con la legge? No, mai
Cosa sei venuto a fare qui? lavorare
Soluzione: Rampa centrale della scalinata.... In carcere: Benché il denaro sia quasi sufficiente, il padre verrà chiamato per accertare l'identità del candidato ed in caso positivo, il candidato verrà accettato.
Quanti anni hai? 24
Hai parenti qui in America? No
Quanti soldi hai? 15 dollari
Hai mai avuto problemi con la legge? No, mai
Cosa sei venuto a fare qui? vorrei lavorare in una fabbrica tessile
Soluzione: Rampa sinistra... Espulso. Il denaro non è sufficiente per mantenersi le prime settimane in America ed il govenro non vuole indigenti a carico. Il sogetto non ha parenti in America e verrà quindi indirizzato alla nave per il rimpatrio.
Quanti anni hai? 21
Hai parenti qui in America? No
Quanti soldi hai? 35 dollari
Hai mai avuto problemi con la legge? No, mai
Cosa sei venuto a fare qui? vorrei lavorare come muratore
Soluzione: Accettato... Indirizzato alla rampa destra della scala per accedere ai traghetti di Manhattan. (Il candidato è perfetto per gli standard dell'Ufficio Immigrazione. Manodopera incensurata abile per l'edilizia, che è anche in grado di mantenersi con i propri mezzi durante le prime settimane di soggiorno)...
 
Registro di ammissione dei passeggeri giunti da Napoli il 31 Gennaio 1920
a bordo del piroscafo S.S. Giuseppe Verdi


Il molo di attracco delle navi provenienti dall'Europa
 

Ricostruzioni di NYC e fotografie d'epoca esposte nel museo
 
Alcuni dei tanti casermaggi nei quali venivano trattenuti
coloro che non potevano entrare in America
 
Una fila di immigrati davanti all'ingresso del padiglione principale