sabato 29 marzo 2014

LA BATTAGLIA DI LA DRANG - (LANDING ZONE XRAY)

Altro libro in bibliografia...
Il romanzo biografico di H. Moore e J. Galloway che ispirò il film "We were soldiers" di Mel Gibbson


Il romanzo tratta gli eventi iniziali della Guerra del Viet Nam, partendo dalla narrazione della battaglia di La Drang, descritta nel suo drammatico svolgimento attraverso i ricordi di coloro che vi presero parte.
Il Tenente Colonnello Harold Moore fu il comandante del 1° battaglione del 7th Reggimento Cavalleria Aerea, il reparto che venne maggiormente coinvolto durante il corso delle operazioni a La Drang. Egli scrisse questo romanzo biografico con l'intento di lasciare vivo nella memoria dei posteri il ricordo delle gesta dei suoi uomini ed il coraggio che essi dimostrarono in quei giorni di Novembre del 1965. Il co-autore di questa celebre opera è il giornalista Joseph Galloway, l'unico membro della stampa americana che assité agli scontri direttamente dal campo di battaglia. Entrambi gli autori rimasero sconvolti da una simile esperienza, tanto che decisero di mettere insieme ricordi ed esperienze vissute a La Drang, condensandole in un unico appassionante volume.
La battaglia di La Drang costituisce un vero e proprio spartiacque per quel che concerne il warfare moderno. Per la prima volta vennero impiegati gli elicotteri per trasportare truppe combattenti direttamente sul campo di battaglia, mettendo così fine una volta per tutte all'era dei grandi lanci in massa di paracadutisti, largamente impiegati durante la II Guerra Mondiale e la Guerra di Corea. L'elicottero e la cavalleria dell'aria diverranno uno standard delle guerre moderne e l'esperienza condotta in Viet Nam condizionerà fortemente ogni altro conflitto fino ai giorni nostri.
Il 14 Novembre 1965 alle 10.45 gli uomini di Harold Moore presero terra in una radura alla base di un imponente rilievo montuoso, conosciuto con il nome di "Massiccio del Chu-Pong". L'operazione, inserita in un più ampio contesto denominato "snidare e distruggere", sarebbe passata alla storia come il primo vero scontro tra soldati americani e nord vietnamiti. Il piano d'attacco di Moore prevedeva l'impiego di 16 elicotterei UH-1 Huey, macchine di nuova generazione destinate a diventare per lungo tempo la spina dorsale dei reparti ad ala rotante statunitensi. Purtroppo il numero di elicotteri impiegati apparve da subito insufficiente e la capacità di carico degli UH-1 Huey (appartenenti al 229° battaglione elicotteri d'assalto, comandati dal celebre Maggiore Bruce Crandall), avrebbe permesso di condurre a destinazione solo una compagnia per volta; dunque i primi soldati americani scesi a La Drang sarebbero rimasti soli ad attendere i rinforzi per molto tempo ed esposti agli attacchi del nemico...  Gli americani della compagnia BRAVO furono i primi ad essere sbarcati ad X-Ray, ma si trovarono ben presto a mal partito, pressati verso il centro della zona d'atterraggio da ben tre battaglioni nord vietnamiti, il cui comando supremo era affidato ad un veterano di Dien Bien Phu, il generale Chu Huy Man. La zona d'atterraggio del 7th cavalleggeri, (denominata X-Ray), venne presto accerchiata da un imponente schieramento di soldati nord vietnamiti che contava ben tre divisioni formate da soldati estremamente combattivi e nei tre giorni che seguirono il 14 Novembre gli americani dovettero combattere strenuamente per la propria sopravvivenza. I 495 cavalleggeri americani sostennero l'urto di ben 2000 nordvietnamiti, arrivando fino al corpo a corpo quando necessario ed alcuni settori del perimetro furono spesso sul punto di cedere. Solo il massiccio supporto d'artiglieria ed il costante rifornimento di munizioni e uomini operato dagli equipaggi degli elicotteri, avrebbe permesso ad alcuni uomini di Moore di sopravvivere ad una simile esperienza... In questo contesto il Tenente Colonnello Moore fu sempre presente sul campo di battaglia, assieme al giornalisa J. Galloway. La battaglia si concluse il 16 Novembre con il ritiro dei NordVietnamiti dal campo. Essi avevano riportato massicce perdite e dal proprio punto di vista avevano ottenuto lo scopo di testare le capacità offensive del nemico. Ma ciò costituì per gli americani solamente una "vittoria di Pirro", poiché altri dieci anni di guerra li avrebbero attesi nell'impenetrabile giungla del Viet Nam.
Moore e Galloway ci raccontano quei tremendi giorni di Novembre attraverso le testimonianze dei reduci, ma il valore aggiunto del best seller da loro realizzato  risiede nell'intreccio dei racconti di soladti americani e nord vietnamiti. Le testimonianze si incrociano, spesso narrando gli stessi eventi, ma da punti di vista differenti. Impressionante ed al tempo stesso intrigante risulta infatti il punto di vista espresso del generale Chu Huy Man, intervistato da Moore quasi trent'anni dopo la fine della guerra. In questo contesto il romanzo perde la sua connotazione narrativa e diviene un vero e proprio saggio di strategia militare, dal quale emergono i prodromi della guerra moderna.
Paradossale inoltre pensare che il reparto comandato da Harold Moore, il 7th cavalleggeri, fu anche il reparto comandato dal Generale Custer a Little Big Horn...
Dal romanzo emergono alcuni contenuti di forte impatto:
- Gli americani ed i vietcong all'epoca cercavano entrambi un primo scontro, per testare le capacità di eserciti che mai si erano affrontati prima di allora.
- Gli americani sperimentarono con successo la concezzione della cavalleria aerea e l'impiego dell'elicottero come mezzo di trasporto sul campo di battaglia.
- Venne sperimentata e migliorata la concezione del supporto d'artiglieria ravvicinato, inteso come scudo difensivo per unità di fanteria isolate.
- La battaglia di La Drang fu un drammatico spreco di vite umane da entrambe le parti, frutto della superficialità ed ostinazione dell'alto comando USA, carattersitiche che non avrebbe mai perso durante l'intero conflitto.

sabato 22 marzo 2014

ALTRO TESTO AGGIUNTO IN BIBLIOGRAFIA...
 
HENRY DUNANT
"UN RICORDO DI SOLFERINO"
 




martedì 18 marzo 2014

Per gli amanti dei mezzi corazzati, ecco un altro libro interessante aggiunto in bibliografia
 
FRANZ KUROWSKI
STURMGESHUTZE VOR!
ASSAULT GUNS ON THE FRONT

lunedì 17 marzo 2014

Mezzi dell'Esercito Italiano

Per gli amanti della storia militare contemporanea, ecco un nuovo testo inserito in bibliografia. Mentre rimettevo ordine nella mia libreria è spuntato fuori questo vecchio testo di carattere enciclopedico, ricco di immagini inedite.
Benché durante il Secondo Conflitto Mondiale l'Italia non abbia mai avuto il potenziale industriale per una produzione su vasta scala di mezzi corazzati, non mancarono comunque alcuni spunti ingegneristici estremamente interessanti. Molti rimasero allo stadio di prototipo, altri invece videro un impiego operativo. Ecco dunque una panoramica interessante riguardo a ciò che rappresentò lo sviluppo di mezzi corazzati e blindati del Regio Esercito, tra il 1935 ed il 1945.






sabato 15 marzo 2014

MUSEO DELLE "TERRE NUOVE" DI SAN GIOVANNI VALDARNO (AR)

CASTEL SAN GIOVANNI IN VALDARNO
 

Il Museo delle Terre Nuove di San Giovanni Valdarno (AR) sorge all'interno del suggestivo Palazzo d'Arnolfo, un tempo considerato fulcro geografico dell'antica città, nonché sede del potere amministrativo. Il progeto museale, patrocinato dalla Regione Toscana e dal Comune di San Giovanni, è stato realizzato grazie all'impegno di un prestigioso comitato scientifico, del quale hanno fatto parte Paolo Pirillo, docente di Storia medievale dell’Università degli studi di Bologna, Giuseppe Gherpelli, project manager del Museo, con la collaborazione di David Friedman, docente di Storia e Teoria dell’Architettura presso il Massachusetts Institute of Technology (MIT), Alick McLean, Giulia Vertecchi, Claudia Tripodi, Daniele De Luca ed Enrica Boldrini.
San Giovanni Valdarno rappresenta un tipico esempio della rivoluzione urbanistica di cui fu oggetto la Toscana a partire dal XIII secolo.  Castel San Giovanni fu fondata dalla Repubblica di Firenze nell'anno 1299 d.C, sulla base di un preciso progetto di inurbamento mirato ad espandere la rete commerciale fiorentina nella regione, rendendo al tempo stesso più capillare il controllo del teritorio. Il fenomeno dell'inurbamento, definito anche come "febbre urbanistica", trova le sue origini all'inizio del XI secolo, quando intorno all'anno mille l'Europa assiste ad un'importante crescita economica e demografica. Ovunque si procede alla fondazione di nuovi borghi, offrendo privilegi ed esenzioni  a coloro che decideranno di insediarvisi; l'affrancamento dai vincoli con i signori feudali, l'esenzione dalle tasse, l'assegnazione di lotti edilizi e terre ad uso comune, saranno gli elementi principali che le Signorie impiegarono per invogliare i coloni ad insediarsi nelle nuove città. Fiorirono così in tutta Europa borghi murati, o Terre Nuove, i cui nomi ancora oggi rievocano gli antichi privilegi di libertà, come ad esempio nel caso di Castel Franco, FreiburgVilla Franca.
Nel caso di Castel San Giovanni, essa costituisce un esempio di Terra Nuova fortemente voluta dalla Repubblica fiorentina, che ne affidò la realizzazione all'architetto Arnolfo di Cambio, all'epoca impegnato nella ristrutturazione muraria di Firenze e nella sovrintendenza alla costruzione della nuova cattedrale (Santa Maria del Fiore). Il progetto arnolfiano rappresenta un esempio dell'eleganza architettonica raggiunta a quel tempo in Toscana ed è considerato, ad oggi, un livello qualitativo superiore rispetto ad ogni altro progetto realizzato in Europa nello stesso periodo. Esso risponde ai principi fondamentali della città ideale medievale, così come ce la descrive il monaco francescano Francesc Eiximenis in un trattato del 1381: [...]“tutte le città belle dovrebbero essere quadrate. (Le linee) diritte fanno sì che la città appaia più bella e più ordinata. Una porta dovrebbe essere posto al centro di ogni lato… una strada ampia dovrebbe attraversare la città tutta, dalla porta situata ad est a quella situata ad ovest. Una strada simile dovrebbe partire dalla porta posta a sud verso quella a nord… in questo modo la città avrebbe quattro quartieri principali… la cattedrale dovrebbe essere situata al centro della città e dovrebbe essere affiancata da una piazza grande e bellissima… ogni quartiere della città dovrebbe essere servito da un macellaio, un pescivendolo, un mercato di cereali e tutto ciò di cui gli abitanti abbiano bisogno… le mura dovrebbero avere una bella torre in ogni angolo e ciascuna porta principale dovrebbe essere contornata da torri.”[...]
San Giovanni venne dunque realizzata su pianta rettangolare, con una piazza centrale che ospitava il Palazzo Pretorio, sede del potere giuuridico ed amministrativo, oggi conosciuto con il nome di Palazzo d'Arnolfo. Il perimetro delle antiche mura dotate di torri quadrate si può ancora oggi intuire dai resti murari e dalle foto aeree della zona, ma ancor più illuminanti sono le dettagliate ricostruzioni ammirabili all'interno del museo. L'esposizione prevede infatti un percorso limpido ed intuitivo, grazie al quale il visitatore apprende la storia della fondazione di San Giovanni attraverso l'impiego di strumenti interattivi, filmati, plastici e ricostruzioni in scala. Vengono quindi descritte le tecniche costruttive dell'epoca, la vita nel borgo, i presupposti che protarono alla scelta di fondare una nuova città nella zona, espandendo in fine la visione dell'osservatore fino ad una più ampia comprensione del fenomeno urbanistico nel contesto dell'Europa medievale.
 

Nell'epoca che stiamo trattando, la sopravvivenza di una nuova borgata dipendeva dal volume di affari che essa sarebbe riuscita a produrre nel tempo. Il "tempo tecnico", per decidere se un nuovo insediamento fosse destinato a sopravvivere o scomparire, copriva un periodo di circa 25 anni e San Giovanni evidentemente sopravvisse agli sconvolgimenti che investirono la Toscana del secolo XIV. Come risulta dalla documentazione del museo, la città venne fondata per accrescere l'onore ed il prestigio di Firenze in quell'area, oltre che per controllare meglio il territorio. Diverso e più specifico fu, invece, il motivo della fondazione di altri borghi come Firenzuola e Scarperia (all'epoca Castel San Barnaba), che servirono per "reprimere e controllare". San Giovanni sorgeva sulle rive dell'Arno, un'importante arteria di comunicazione fluviale che collegava il Casentino e la stessa Arezzo con Firenze, Pisa, giungendo in fine al mare. Noto è, ad esempio, il commercio del pregiato legname che dai boschi del Casentino veniva trasportato via fiume legando i tronchi gli uni agli altri, scendendo poi verso Arezzo passando sotto il Ponte Buriano.  Le zattere proseguivano poi lungo la curva dell'Arno procedendo verso Firenze e Pisa.

San Giovanni era posta anche nei pressi di una importante via di comunicazione, una delle ramificazioni della Cassia (quella di fondo valle) che attraversando il Valdarno collegava Arezzo con Firenze. Ecco dunque sorgere e prosperare in quest'area un vivace mercato ed osterie per ospitare i viaggiatori; già nel '300 di locande a San Giovanni se ne contavano almeno cinque, contro le tre di Castelfranco, le quattro di Figline ed una sola a Montevarchi.  Dunque un progetto ben riuscito, al quale se ne aggiunsero presto altri. Nel secolo XIV infatti altri esperimenti urbanistici furono avviati dalla Signorìa di Firenze, come ad esempio Castelfranco di Sopra (1299), Scarperia (all'epoca Castel San Barnaba. 1306), Terranuova Bracciolini (all'epoca Terra Santa Maria 1337), ed in fine Giglio Fiorentino (mai realizzata). Curioso notare come per la fondazione di Terranuova Bracciolini, come incentivo al popolamento del nuovo insediamento, fu posto l'accento sul fatto che in quel luogo tutti coloro che volevano sottrarsi all'autorità di Arezzo, vi avrebbero trovato libertà...


Per quanto concerne i confini della cinta muraria, oggi sono riconoscibili solo alcuni punti di riferimento. La città aveva pianta rettangolare e due strade maestre, larghe 21 braccia fiorentine, che si intersecavano perpendicolarmente al centro dell'insediamento. L'attuale Corso Italia rappresenta la via che attraversava il borgo sul lato lungo, intersecandosi con l'altra via maestra a livello dell'attuale Piazza Cavour. Il Palazzo d'Arnolfo costituisce l'epicentro dell'antica città e possiamo facilmente identificare due delle porte, che costituirono parte integrante delle mura. I resti della prima si trovano a livello dell'incrocio tra Largo Vetrai e Piazza della Libertà.; proseguendo poi lungo via Papa Giovanni XXIII, si possono inoltre osservare i resti della cinta muraria di quel versante, ancora ben conservati. La seconda porta è stata invece inglobata nell'architettura della Basilica di Maria Ss. delle Grazie e ad una prima analisi doveva essere dotata di ponte levatoio ed inferriate. Da questo punto le mura si sviluppavano perpendicolarmente alla basilica, lungo l'attuale tracciato di via Mannozzi. Altri resti della cinta muraria si possono osservare inoltre tra via Piave e via Cesare Battisti, dove sono ancora conservati i resti di due torri a sezione quadrata. Il materiale con cui furono costruite le mura appare a prima vista eterogeneo, frutto di un lavoro sbrigativo ed economico a fronte delle esigenze belliche dell'epoca. Il Museo delle Terre Nuove di San Giovanni costituisce in definitiva un magnifico esempio di esposizione culturale, atta a valorizzare la storia del luogo in un contesto globalizzato. Attravers il mueso non si scopre solo la vita del borgo, bensì anche il contesto europeo nel quale esso era inserito. Maggiori dovrebbero essere le esperienze condotte in tal senso, al fine di far rivivere la memoria degli antichi borghi che costellano le campagne toscane.

Pianta di Castel San Giovanni, su progeto di Arnolfo di Cambio
 
Plastico che riproduce borghi nuovi, abbazie e chiese in Valdarno nel Medioevo
 
 Plastico della città di San Giovanni
Da notare il fossato allagato che circondava la città e le quattro porte dotate di torri, ponte levatoio e barbacane. Le due porte posizionate sul lato lungo del rettangolo sono quelle che corrispondono rispettivamente a Largo Vetrai ed alla Basilica di Maria Ss. delle Grazie. Al centro, come punto di riferimento, si scorge Palazzo d'Arnolfo, antica sede del Podestà di San Giovanni, nonché espressione del potere giuridico ed amministrativo.

 Interessante idea espositiva, per questo tappeto raffigurante la pianta di San Giovanni
 
Non mancano manoscritti d'epoca per completare l'esposizione
 
I resti delle fondamenta di una delle porte fortificate che costituivano l'antica cinta muraria., osservabili tra Largo Vetrai e Piazza della Libertà. Da notare sullo sfondo il Palazzo d'Arnolfo, perfettamente allineato a questo asse viario.
 

martedì 11 marzo 2014

Museo di San Giovanni Valdarno (AR)

Dopo un lungo silenzio, eccomi tra voi con una sfiziosa novità.
A San Giovanni Valdarno, presso il Palazzo d'Arnolfo, è stato allestito un museo di storia medievale.
Aggiungo il Link al sito ufficiale del museo ed a breve inserirò un piccolo articolo sull'argomento...
 
 
Palazzo d'Arnolfo, San Giovanni Valdarno (AR)