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sabato 31 maggio 2014
venerdì 30 maggio 2014
Nuovo libro aggiunto in bibliografia
Antonio Losi
VALDARDNO
LUGLIO 1944
Dettagliata descrizione delle fasi di liberazione del Valdarno, concentrate in un'opera ricca di particolari e materiale fotografico. La valle del fiume Arno costituisce fin da tempi antichissimi una terra di transito, in quanto attraversata da tre ramificazioni principali della via Cassia: la Cassia di fondovalle, la Cassia Vetus e la Cassia Adrianea. Durante il secondo conflitto mondiale il Valdarno fu testimone di violenti scontro armati, che videro coinvolte numerose forze tedesche ed angloamericane. Avendo il preciso scopo di rallentare l'avanzata degli Alleati, l'esercito tedesco stabilì una linea difensiva denominata "Arno Line", che si posizionava in mezzo a due ulteriori sbarramenti: la Linea Trasimeno (più a Sud, verso Arezzo) e la Linea Gotica (più a Nord, verso Firenze). Molte furono le forze messe in campo e la resistenza offerta dalle truppe tedesche portò ad una lenta e sanguinosa liberazione dei singoli centri urbani presenti nella zona. S. Pancrazio, Capannole, Bucine, Pogi, Montevarchi, Ricasoli, Levane, sono soltanto alcune delle località che subirono le tragiche conseguenze di questa guerra. Il libro del Losi ripercorre ciascun evento bellico con dovizia di particolari, attraverso mappe strategiche ed una minuziosa ricostruzione dei fatti avvenuti nel mese di Luglio del 1944. Di particolare rilievo risulta l'elenco dei caduti civili di Montevarchi, uomini e donne rimasti uccisi da schegge di granata o giustiziati dalle truppe germaniche
giovedì 29 maggio 2014
Tecniche d'assedio ed arte iconografica. Parte 7
Interessante icona dell'assedio di Reims del 1359. In primo piano notiamo l'insolita configurazione delle due bocche da fuoco, affiancate sopra lo stesso affusto; gli artiglieri avevano assicurato le artiglierie direttamente ad un tavolaccio dotato di ruote, che potevano basculare per regolare l'angolazione del tiro. Sul terreno sono presenti numerosi proiettili in pietra e si possono notare anche alcuni "barilotti" (simili a boccali di birra dotati di manico) che costituivano la parte finale dell'arma. Il barilotto veniva riempito di polvere nera e posto all'interno della culatta della bombarda, nel punto in cui era situato il focone. La quantità di polvere necessaria allo sparo veniva dosata empiricamente dal mastro artigliere, il quale si basava semplicemente sulla propria esperienza personale.
La città di Reims viene rappresentata con alte torri cilindriche (la forma tonda essendo più sfuggente offre una minore superficie d'impatto ai proiettili delle artiglierie, deviandoli e riducendone l'efficacia). Curiosa la forma delle tende che compongono l'accampamento inglese, costituito da padiglioni conici tenuti in piedi da corde e tiranti picchettati al suolo. Elegante la struttura della porta fortificata e sullo sfondo, oltre le mura, svettano le due torri candide della cattedrale di Reims. Il celebre edificio di culto era visibile a grande distanza, grazie al riverbero della luce solare che ne illuminava le bianche pareti di pietra e marmo. Al suo interno sono stati incoronati tutti i re di Francia a partire dalla dinastia capetingia (Ugo Capeto fu il primo nel 987) ed è oggi considerata un esempio di arte gotica portato al massimo livello espressivo. La sua costruzione iniziò nel 1211 e terminò nel 1475, ma all'epoca in cui venne realizzata questa immagine miniata evidentemente la cattedrale aveva già raggiunto la forma definitiva con le due torri campanarie.
Nell'immagine riconosciamo anche il re d'Inghilterra Edoardo III circondato dai suoi luogotenenti; ad un primo sguardo appare chiaro che, benché gli eventi narrati siano correlati alla prima metà del secolo XIV, le armature complete raffigurate dall'artista appartengono allo stile del XV secolo. Anche in questo caso si tratta di armature in metallo scuro, probabilmente brunito, mentre gli elmi sono bacinetti con visiera mobile, entrati in uso solo nella seconda decade del '400. Le armature da campagna erano spesso più "grezze" e meno rifinite nei dettagli rispetto alle splendenti armature cerimoniali o da giostra. Benché ciò non costituisca una costante, è evidente che l'uso al quale venivano sottoposte richiedeva maggiore attenzione alla praticità, piuttosto che all'estetica. Sopra l'armatura gli uomini d'arme (Man at Arms) indossano dei "surcotti" o "cotte d'arme", vesti prive di maniche usate per il riconoscimento sul campo di battaglia. I surcotti, come già detto in precedenti articoli, venivano decorati con ricami raffiguranti l'araldica familiare o il casato del signore sotto il quale si prestava servizio. Edoardo III viene rappresentato con indosso un surcotto recante l'araldica della famiglia reale inglese: inquartato di rosso e di blu con i fiordalisi della corona di Francia ed i pardi (leone araldico) della corona d'Inghilterra. In fine, si nota come la maggior parte dei soldati usi armi inastate tipiche delle fanterie da mischia dei secolo XIV e XV: Il soldato alla destra di Edoardo III imbraccia un falcione, mentre quello alla sua sinistra stringe in mano una pole-axe (testa d'ascia inastata). L'armigero alla destra della bocca da fuoco invece imbraccia un'arma simile ad uno spiedo o un falcione di dimensioni ridotte.
domenica 25 maggio 2014
Tecniche d'assedio ed arte iconografica - Parte 6
FUOCO GRECO
L'immagine sopra presentata proviene da un manoscritto, il codice Skylitzes, conservato presso la Biblioteca Nazionale di Madrid. Stando alla dicitura riportata sull'immagine originale, la scena raffigura l'equipaggio di un vascello romano che incendia una nave nemica.
Il termine "fuoco greco" venne coniato per identificare una miscela incendiaria usata dai Bizantini, la cui ricetta veniva gelosamente custodita dall'Imperatore e da pochi altri eletti. L'invenzione di tale composto incendiario viene generalmente attribuita ad un greco di nome Callinico e sembra che fosse impiegato tanto nelle battaglie navali, quanto nella guerra d'assedio. La miscela incendiaria veniva letteralmente espulsa da un ugello per mezzo di mantici e soffioni azionati da artiglieri, oppure scagliata contro i nemici racchiudendola in giare di coccio (servendosi di catapulte). Il fuoco greco era composto da: pece, salnitro, zolfo, nafta e calce viva (paradossalmente due di questi ingredienti sono contenuti anche nella polvere da sparo). Ciò consentiva alla miscela di aderire a qualsiasi superficie, continuando a bruciare anche sulla superficie dell'acqua; per questa ragione era particolarmente adatto alla guerra navale, ma poteva essere anche usato per incendiare torri d'assedio durante la difesa delle mura di una città. Data la natura chimica del composto, il fuoco greco era difficile da estinguere e costituiva un vero incubo per tutti coloro che vi venivano esposti. Immaginiamo dunque lo scoramento ed il panico dei marinai il cui dromone, sciabecco venivano inondati di "fuoco liquido". Essi sarebbero stati certamente costretti a scegliere se abbandonare il proprio vascello o perire tra le fiamme. L'impatto psicologico doveva essere paragonabile ai moderni lanciafiamme.
Considerazione personale: Interessante e contraddittorio notare come nell'icona la nave aggredita dalle fiamme presenti un castello a poppa, tipico delle trireme e dei dromoni romano-bizantini. L'altro vascello invece ha vele triangolari, scudi sulle fiancate e timone manovrato direttamente dallo scafo; sebbene la vela triangolare sia tipica delle navi usate nei mari chiusi come il Mediterraneo e l'Egeo, la forma del vascello (prua e poppa molto arcuate e marinaio biondo, barbuto, che manovra l'ugello del fuoco greco) fa curiosamente pensare ad una nave normanna.
giovedì 15 maggio 2014
Nuovo Atlante aggiunto in bibliografia
ATLANTE CAMBRIDGE
WARFARE
THE MIDDLE AGES
768 d.C. - 1487 d.C.
L'Atlante Cambridge qui presentato descrive con dovizia di particolari lo sviluppo delle strategie e delle tattiche belliche adottate dalle civiltà che popolarono l'Europa durante il periodo dell'alto e del basso medioevo.
Di seguito alcune immagini tratte dall'interno di questo magnifico testo.
martedì 6 maggio 2014
Tecniche d'assedio ed arte iconografica. Parte 5
Interessantissima miniatura raffigurante l'assedio di Brest del 1386, ad opera delle truppe francesi.
Anche in questa circostanza, appare evidente un largo impiego di bocche da fuoco a polvere nera, montate sopra supporti ruotati. I calibri più grandi, (qui non rappresentati), probabilmente venivano ancora adagiati sul terreno, a causa dell'impossibilità di sostenerne l'immenso peso ed il rinculo durante lo sparo. Un artigliere, raffigurato sul margine sinistro dell'immagine, sta alimentando un braciere servendosi di un mantice. La brace probabilmente serviva ad incendiare la punta di un bastoncino, che il mastro artigliere avrebbe poi avvicinato al "focone" della bombarda (un foro situato posteriormente sulla culatta). Attraverso l'orifizio del focone si accedeva direttamente alla camera di scoppio, incendiando così la polvere da sparo.
Il fossato appare insolitamente coperto di pannelli in legno, ma sotto di essi spuntano fascine di sterpaglie e barili vuoti. I genieri dell'esercito assediante hanno quindi condotto una paziente opera di riempimento, colmando la profondità del dislivello con fascine di legna secca e barili galleggianti legati gli uni agli altri, in modo da creare una superficie stabile. Solo successivamente avrebbero gettato le assi di legno, in modo da creare un pontile adatto all'attraversamento di un gran numero di uomini e macchine d'assedio.
Secondo la rappresentazione fornita dall'autore, una volta riempito il fossato i soldati sembrano lanciarsi all'assalto delle mura per mezzo di scale a pioli, ma appare evidente dal numero di vittime raffigurate sul terreno che i difensori riescono ad infliggere pesanti perdite agli attaccanti. Verrettoni, frecce e pietre vengono scagliati giù dai ballatoi ed i malcapitati che si trovano sulla loro traiettoria precipitano al suolo. Un soldato, sulla destra dell'immagine, coraggiosamente prosegue la scalata ponendo lo scudo sopra la testa, mentre sullo sfondo alcuni arcieri francesi tentano di contrastare il tiro dei difensori.
Interessante notare la raffigurazione del ponte levatoio in procinto di essere sollevato da un ingegnoso sistema di leve, costituito da catene e travi di legno. All'altezza di due feritoie, poste alle rispettive basi delle torri circolari, si notano un paio di sbuffi infuocati; ciò mi porta a credere che si tratti della rappresentazione di armi da fuoco portatili. Gli schioppi medievali non avevano niente a che fare con i moderni fucili, a causa della loro scarsa precisione ed affidabilità, ma il loro impiego durante gli assedi è ben documentato fin dalla prima metà del secolo XIV. Si trattava di armi estremamente primitive, ottenute spesso da rudimentali fusioni in ghisa o bronzo. La canna veniva poi montata sopra un affusto in legno, che l'artigliere avrebbe dovuto appoggiare sopra la spalla nella stessa posizione in cui, oggi, si brandeggiano i moderni bazooka. L'innesco dello sparo risultava poi alquanto pittoresco: tenendo in posizione l'arma con un solo braccio, si doveva impiegare l'altra mano per avvicinare una miccia incandescente al focone, posto all'estremità posteriore dell'arma... Maneggiare uno schioppo risultava estremamente pericoloso, poiché la canna poteva fessurarsi durante lo sparo ed investire lo stesso artigliere con il lampo della detonazione. Un'esplosione del genere poteva uccidere il malcapitato, oppure ferirlo gravemente, dunque per questo motivo l'impiego di armi da fuoco portatili rimase per lungo tempo assai limitato.
Per quanto concerne l'abbigliamento, sembra che l'autore abbia raffigurato armi ed armature appartenenti ad un periodo leggermente successivo all'epoca narrata. Ad esempio, l'armatura completa dell'uomo d'arme che tenta la scalata delle mura al centro dell'immagine, presenta una foggia in uso solo a partire dalla prima metà del secolo XV. Inoltre, sia assediati che assedianti indossano elmi di forma svasata, alcuni dotati anche di visiera mobile. Questa tipologia di elmo (identificato in lingua inglese con il nome di "Sallet" o "Kettle helmet") benché già presente nel secolo XIV, si diffuse in modo particolare tra gli eserciti europei solo nel secolo XV.
Per quanto riguarda poi il resto dell'abbigliamento, sono largamente rappresentati i "brigantini" in cuoio bollito, rivestiti di tessuto colorato. Alcuni soldati indossano una calzabraga bicolore, mentre l'armigero sdraiato al suolo (vicino alla bombarda) porta dei gambali in tessuto direttamente allacciati alle braghe.
domenica 4 maggio 2014
Tecniche d'assedio ed arte iconografica. Parte 4
Ancora una splendida miniatura che ci mostra chiaramente uno degli innumerevoli espedienti escogitati per attraversare fossati allagati. In questa immagine osserviamo le truppe inglesi di re Edoardo III impegnate nell'assedio di Tournai del 1340. L'assedio, per quanto ne sappiamo, non andò a buon fine e per questo motivo si giunse ad un accordo pacifico. Appare chiaro, ad una prima osservazione, che gli attaccanti stanno attraversando il fossato servendosi di un ponte di barche. La tecnica, (già ben nota nell'antichità classica), consisteva nell'allineare numerosi barconi fluviali, fissandoli gli uni agli altri, in modo da poterli successivamente coprire con assi di legno. Si creava così un ponte di barche, utile per far avvicinare in breve tempo i soldati alle difese della città. Questa era una tecnica alternativa, molto più rapida rispetto al riempimento del fossato con terra o massi.
Sulla destra dell'immagine notiamo lo svolgimento di un accanito combattimento, una mischia che si è creata nei pressi di una porta fortificata munita di torri ed inferriate. I difensori escono dalla città per affrontare gli inglesi di Edoardo nel punto di approdo del ponte di barche. L'autore raffigura il re d'Inghilterra sul primo barcone, in mezzo ai suoi uomini ed intento ad impartire ordini. Si riconosce nella figura del cavaliere all'estrema sinistra dell'immagine, con indosso la cotta d'arme della casa reale: Inquartato di rosso e di blu, con raffigurati i leoni (il pardo araldico) della corona d'Inghilterra ed i fiordalisi (giglio araldico) della casa reale francese. Per scelta dell'autore, Edoardo III indossa un chapél de Fer, cappello di metallo a falda larga molto diffuso tra gli uomini d'arme di quel periodo. Indossa anche un'armatura completa ed i gambali sono dorati. Dietro di lui, appare il suo portastendardo ed al centro della mischia, oltre a fanti armati di spade e scudi, appare anche un arciere munito del celebre long bow (arco lungo inglese), un'arma presente in gran numero tra le file degli inglesi. Quasi tutti i soldati indossano elmi in metallo brunito, (intuibile dal colore scuro con il quale sono rappresentati) e giubbe di cuoio bollito, rivestite all'interno da placche di ferro. Questo genere di giubba veniva anche chiamata "brigantino" e le placche metalliche che ne costituivano l'armatura interna erano fissate da rivetti, le cui teste sporgevano all'esterno, conferendo alla giubba stessa quel tipico aspetto borchiato che osserviamo nell'immagine. Spesso i brigantini venivano rivestiti di tessuto del colore corrispondente alla casata o comandante sotto cui si serviva.
Sullo sfondo dell'immagine si notano altri soldati inglesi che tentano la scalata delle mura per mezzo di scale a pioli, (altra tecnica largamente diffusa ma di scarsa efficacia). I francesi, raffigurati come i difensori dei bastioni, sembrano armati con lunghe lance ed alcuni fra loro scagliano pietre sulla testa degli attaccanti. I soldati inglesi colpiti cadono nel fossato allagato ed uno di essi, all'estrema destra dell'immagine, sembra essere in procinto di annegare. Il peso di un'armatura poteva infatti trascinare gli armigeri sul fondo, impedendogli di riemergere. Le mura della città sono raffigurate nel tipico stile quattrocentesco, con eleganti torri dotate di bifore, feritoie e tetti a spiovente ricoperti di tegole.